Fine del bacio

La sua mano è implacabile con il mio inguine, non molla mai la presa, al massimo l’allenta, per poi stringermi più forte di prima. Lei conduce, io seguo. Vuole le le mie mani sui seni, sul culo, sui fianchi, e il tono che assume con me è di disprezzo, quasi gli facessi schifo.

“Sono dieci minuti che ormai ti faccio male, come fai a essere così duro?”

Mi domanda con un inquietante naturalezza negli occhi.

“Io... io... non...”

una stretta ulteriormente forte mi impedisce di formulare una frase a cui non avrei saputo dare ordine. Sono capace di emettere solo un lungo mugolio, che sembra quasi un ululato.

“Capisco... se proprio uno di quei ragazzi, quelli che hanno un bisogno così disperato che una donna lo tocchi che hanno un erezione anche quando gli fai male”, il disprezzo nei miei confronti ora è evidente.

Non so se abbia ragione, non credo nemmeno le importi di avere ragione, l’unica cosa che faccio è gemere un timido “si”, perché voglio tutto, meno che smetta, meno che mi primi di questo atroce piacere.

Poi si stacca dalle mie labbra e nello stesso momento stacca la presa al mio linguine. Non voglio immaginare il colore delle mie palle.

“Muoviti!” Mi ordina autoritaria, e mi conduce in camera da letto. Essendo davanti a me, non mi risparmio uno sguardo al suo sodo e tondo didietro. Ancora ho suoi polpastrelli la sensazione di quando prima lo palpavo. Lei lo nota e a un languido sorriso segue un promessa paradisiaca “poi mi ci si siedo sulla tua faccia”, ed entriamo in camera.