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Chapter 3 by heykiza heykiza

What's next?

Matteo, amico mio

Tutti urlarono e un suo amico mi venne incontro, quando cercò di colpirmi con un pugno mi abbassai e placcandolo lo buttai per terra montando su di lui, non mi importò più niente, iniziai a riempirlo di pugni mentre le lacrime scendevano dal mio viso, non mi fermai fin quando delle mani non mi fermarono, erano delle mie compagne, proprio quelle che mi avevano bagnato i vestiti.

Ne presi una a caso e la colpii violentemente in faccia con un destro, fu in quel momento che un prof attratto da tutto quel casino mi placcò trascinandomi via mentre tentavo di dimenarmi per andare a picchiare quella che stava piangendo.

Ruppi il naso al primo e all'ultima mentre a tutti e tre uscì sangue dalle labbra, avevo fatto un bel casino ma meritavano fino all'ultimo dei miei pugni ma quel gesto mi toccò l'espulsione dalla scuola. Fu la prima volta che mio padre mi picchiò, non tanto per il fatto che fossi stata espulsa e che avessi pestato a sangue tre miei compagni ma lo fece per quello che stavo facendo a mia madre.

"ha sempre cercato di darti il meglio, sperando tu diventassi una signorina a modo, invece passi tutto il tempo a leggere libri sulla guerra a dire di voler diventare un soldato e in più picchi i tuoi compagni"

Diventai quindi quella che picchiava i compagni esaltata da che sa quali manie, non si preoccupò di chiedermi il perché di un gesto simile e mentre restai con la mano sulla guancia arrossata per via della sua sberla lui fece sparire tutte le cose riguardanti l'esercito e la guerra... Praticamente mi svuotò la stanza.

Quella notte piansi, in silenzio chiusa in quella camera ormai quasi tutta vuota, non avevo nemmeno il sacco che prendevo a cazzotti per sfogarmi, iniziai a colpire il muro, ripetutamente provocando forti tonfi che vennero ovviamente sentiti dai mie genitori infatti tornarono e nel vedermi, mia madre mi abbraccio allontanandomi da esso.

Mi disse di smetterla, che non dovevo comportarmi in quel modo e che se avessi fatto la brava papà mi avrebbe ridato tutte le cose, che tutto si sarebbe sistemato e non importava della scuola, ne avremmo trovata un'altra.

L'anno scolastico era quasi a metà quindi non fu difficile trovare un altro istituto che mi accettò, nella nuova classe fui la nuova arrivata e come tale il primo giorno mi fecero scrivere il nome sulla lavagna e la prof mi domandò varie cose per farmi conoscere alla classe.

Avevo una terza possibilità di farmi delle amicizie o quanto meno di non essere presa di mira da tutti quanti e vivere in pace.

Non feci amicizie, praticamente venivo ignorata come non esistessi e io non cercavo attenzioni, mi andava bene così, durante le ricreazioni come sempre leggevo e avevo iniziato anche a disegnare notando un certo talento naturale. In memoria di quando ci giocavo insieme raffiguravo Joky vestito da militare alle prese con situazioni stupide nelle quali spesso magari si faceva male da solo.

Ad esempio in una vignetta metteva caricava un colpo di mortaio e questo invece di partire esplose lasciandolo a braccia in avanti completamente annerito.

Oltretutto nelle vignette Joky rompeva la quarta barriera sapendo di essere un disegno e parlando con chi in teoria avrebbe dovuto leggere le vignette anche se queste effettivamente non le leggeva nessuno a parte me.

Un giorno ne stavo disegnando una dove stava sparando con il fucile al contrario e sentii qualcuno dietro di me.

Il mio primo pensiero fu che vedendolo, quella persona avrebbe iniziato a prendermi in giro, invece mi sorpresi di quello che disse.

"ma sei brava a disegnare!" mi girai guardandolo, un ragazzino dai capelli castani tenuti in su col gel e dai occhi verdi e grandi.

Quel giorno ricordo che indossava una polo rossa e dei jeans bianchi, era effettivamente vestito malissimo per questo mi restò impresso.

"grazie" risposi decisamente sorpresa mentre lui si mise alla mia destra per guardare meglio il disegno ma io lo tappai con la mano imbarazzata.

" dai, perché non me lo fai vedere?" esclamò dispiaciuto, così tolsi la mano e lui lo guardò ridacchiando.

"ma questo castoro è tonto che usa il fucile al contrario?!" il commento mi fece parecchio ridere e fui felice nel vederlo ridacchiare, così da quella vignetta gli feci vedere che il quaderno era pieno delle avventure di Joky e lui le lesse tutte fin quando la campanella suonò e dovette tornare al posto.

Per la prima volta dopo tanto tempo avevo avuto un interazione con un altro bambino che non fosse rispondere ad insulti o provocazioni e ne fui felice.

Fui sempre più convinta che quella cosa fu proprio grazie a Joky che anche se non era vero, mi aveva comunque aiutata e nonostante fossi troppo grande per credere agli amici immaginari, gli volevo comunque bene.

Il bambino a cui avevo fatto leggere le mi vignette si chiamava Matteo e anche lui come me alla fine era stato tagliato fuori dal resto della classe, quindi in poco diventammo amici, a lui piacevano tanto i cartoni animati giapponesi così ogni tanto me ne parlava chiedendomi di disegnare per lui qualche personaggio che lui adorava.

Essendo la prima persona che potetti considerare amica non facevo obiezioni, riempii di disegni quel bambino e man mano diventavo sempre più brava.

Un'altra cosa bella era che al contrario dei miei genitori a lui sembrava figo che ad una ragazza piacessero le cose militari quindi alle volte gli raccontavo di questa mia passione, descrivendo le armi o i mezzi che venivano adoperati. Alle volte cercavo di raccontargli cosa i soldati del passato avessero fatto: l'impegno degli alpini contro gli austriaci o quello dei soldati americani contro i tedeschi. Gli narravo fatti come il D-day o la battaglia nell'alto piano di asiago.

Interessi "strani" per una ragazzina e pure, il coraggio di quelle persone mi affascinava sempre di più, per me erano loro veri eroi e non i personaggi di cui Matteo mi parlava.

Un giorno come tanti si avvicinò tutto contento e mi raccontò che suo padre era tornato a casa da lavoro un un fucile a pallini in regalo per lui e mi domandò se un giorno di quelli potevo andare da lui per giocare, gli dissi di si senza pensarci ma non avevo fatto i conti con una cosa...

Conoscendo i miei non credevo ci sarebbero stati problemi se dopo scuola fossi stata un po fuori ma il punto era dirgli che andavo da un amico, a tredici anni era una cosa molto imbarazzante, non volevo pensassero fosse il mio fidanzato o cose simili.

Evitai di chiedere il permesso quando mio padre fu presente e mia madre con un sorriso mi disse che se le avessi dato il numero della madre e l'indirizzo del mio amico allora mi avrebbe permesso di andare.

Così un giorno, finita la scuola invece di tornare a casa andai con Matteo, sua mamma fu gentile e ci preparò una merenda con delle merendine e succo di frutta, mi fece anche i complimenti per i miei capelli e le lentiggini che avevo sul tutto il viso. Probabilmente quella volta diventai rossa perché a parte mia madre, quella donna era la prima persona che mi fece un complimento simile.

Quella giornata ebbe un aneddoto divertente perché dopo merenda Matteo mi disse di aspettare lì e corse verso camera sua, sentii i suoi passi allontanarsi e tornare in fretta imbracciando un grosso fucile d'assalto M4 nero con impugnatura, calcio e sotto canna color sabbia.

Sua madre lo avvertì del fatto che ero una ragazza e che certe cose non mi interessavano ma dovette fermarsi a metà quando mi vide imbracciare il fucile mentre lo girandolo tra le mani lo riempivo di domande riguardo il fucile stesso.

Non potrei mai dimenticarmi di quel giorno perché fu effettivamente il giorno nel quale per la prima volta imbracciai un arma, anche se giocattolo, sentirne il peso, il materiale... anche semplicemente stringere le dita attorno l'impugnatura o mirare a vuoto. Fu come la conferma che quella mia passione stava diventando via via sempre più grande.

Uscimmo nel cortile dove li a turno colpivamo... o almeno provavamo a colpire, delle bottiglie riempiendo senza renderci conto il giardino di pallini.

Il suo giardino aveva una recinzione di metallo che ne delineava il confine, oltre questo alcune persone che passavano di li ci guardavano incuriosite dal suono che emetteva il fucile quando sparava, a me veniva voglia di sparare proprio contro le persone per fare degli scherzi e lo proposi anche a Matteo che tutto spaventato si rifiutò assolutamente.

Non cambiò idea nemmeno sotto le mie provocazioni ma alla fine quanto meno mi lasciò il fucile così io misi la canna tra le sbarre del recinto e prendendo la mira puntai ad un signore che stava per entrare in una macchina rossa, tenetti un occhio chiuso per mirare meglio, non volevo fare una figuraccia e sbagliare il colpo così quando sparai sentii il suono del pallino colpire il suo vestito e lui lamentarsi toccando il punto in cui lo colpii, era un po distante quindi mettendo il fucile per terra lo nascosi ai suoi occhi, dietro la base di cemento del recinto.

Lui si guardò attorno ed effettivamente guardò anche noi che lo fissavamo a nostra volta, Matteo era terrorizzato mentre io ridacchiavo e non contenta salutai il signore.

L'uomo titubante e confuso mi salutò e poi entrò in auto.

Scoppiai a ridere piegandomi su me stessa mentre il mio amico mi fissò.

<< pensavo ci avesse scoperto, uuf che paura >> commentò e io presi del tempo per calmarmi, ma più pensavo alla sua faccia, più mi veniva da ridere.

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