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Chapter 8
by Esseremicidiale02
Capitolo 8
Ordine e Caos
David entrò nella stanza con passi esitanti, il suo sguardo abbassato come un segno di resa. Lo spazio rifletteva perfettamente il carattere della sua nuova padrona, ormai doveva fare tutto quello che veniva ordinato. Al centro della stanza, seduta sul letto con le gambe incrociate, c'era Yael. Indossava l'uniforme da campo, ma senza giacca: solo una semplice camicia beige arrotolata fino ai gomiti che metteva in mostra le sue braccia sottili ma muscolose. “Chiudi la porta e vieni qui,” ordinò senza guardarlo. La sua voce era glaciale, priva di esitazione. David obbedì lentamente, come se ogni passo fosse una sfida al suo stesso orgoglio. Yael si sporse leggermente in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e osservandolo dall'alto in basso con uno sguardo privo di pietà. “Ti ho concesso il privilegio di non diffondere come sei stato umiliato da una ragazzina durante la scorsa battaglia e di come hai perso la testa alla fine della battaglia. Ma quello significa che adesso sei mio. Totalmente mio. Sei pronto a dimostrarlo?” chiese, alzando un sopracciglio. David annuì appena, stringendo i pugni per la tensione.
“Non basta un cenno, rispondi” aggiunse Yael con un leggero sorriso sprezzante. “Sì, padrona,” disse David, anche se le parole gli uscivano a fatica.
“Bene. Ora toglimi gli stivali.” Rispose Yael, sporgendo una gamba verso di lui, ora in ginocchio. David esitò per un attimo, poi prese con mani tremanti lo stivale destro, slacciandolo con movimenti rigidi e maldestri. Quando riuscì a sfilarlo, Yael spostò la punta del piede, facendolo strisciare fino alla sua faccia. “Questo è il minimo che ti meriti per aver osato sfidarmi,” disse, premendo leggermente le dita sul suo viso. David trattenne il respiro, combattendo con il senso di umiliazione. L'odore del cuoio mescolato al sudore lo colpì, e il rossore si diffuse sulle sue guance. Dopo averle tolto anche il secondo stivale, David rimase immobile. Yael appoggiò entrambi i piedi sul tappeto, allungandosi con lentezza. “Bravo,” commentò sarcasticamente. “Adesso fammi vedere se sei utile per qualcos’altro. Massaggiami i piedi.”Con mani tremanti, David cominciò a massaggiarle le piante dei piedi, le dita cercando goffamente di alleviare la tensione accumulata. Yael sospirò, chiudendo gli occhi per un momento e lasciandosi andare al piacere di quel gesto.
“Pensi che questo basti?” chiese, sollevando i piedi e premendoli intensamente contro la sua faccia. Erano un misto di grazia e fatica, piccoli ma tonici. Le unghie erano ancora dipinte di un azzurro intenso, il colore intatto, nonostante la routine militare. La pianta dei piedi mostrava un sottile strato di polvere accumulata durante la giornata, mentre tra le dita si notavano tracce di sudore. Il profumo acre e pungente tradiva la lunga giornata trascorsa tra esercitazioni e combattimenti sotto il sole cocente. Con un movimento deciso, Yael premette i piedi contro il volto di David. Non c’era bisogno di parole: il messaggio era chiaro. “Se pensavi di essere ancora un uomo libero, ecco la tua nuova realtà, lecca immediatamente i miei piedi schiavo” sussurrò lei, fissandolo con uno sguardo gelido. Il contatto gli fece contrarre i muscoli facciali in una smorfia di disgusto, il misto di sudore e odore gli penetrava nelle narici, rendendo impossibile ignorare la sensazione umiliante. Con un gemito soffocato, David iniziò a leccare i piedi di Yael, la sua lingua sfiorando la pelle calda e umida. Il sapore acre del sudore e la polvere gli riempirono la bocca, facendogli contrarre le labbra in una smorfia di disgusto. La pianta del piede di Yael era ruvida e callosa, con piccolissime crepe e solchi che sembravano scavati nella pelle. Lei chiuse gli occhi, assaporando il momento di dominio. Il contatto delicato della lingua di David sulle crepe e solchi della pianta del piede le fece provare un brivido di piacere. Il sapore del sudore e della terra non era sgradevole, ma piuttosto un promemoria della dinamica di potere che si era stabilita tra loro. David, d'altro canto, stava lottando per mantenere la calma. La consistenza dei piedi di Yael era diversa da qualsiasi cosa avesse mai sperimentato prima. Un misto di morbidezza e ruvidezza. Mentre leccava la pianta del piede, sentì qualcosa di piccolo e duro incastrarsi tra i denti. Era un granello di sabbia, rimasto lì dopo le esercitazioni militari. David cercò di sputarlo, ma Yael glielo impedì, premendo il piede più forte contro il suo viso, finché finalmente non tolse i piedi dalla sua bocca.
Yael soddisfatta cambiò ordine “Portami qualcosa da mangiare. E assicurati di non fare un disastro,” gli disse. David si alzò lentamente, dirigendosi verso il tavolino su cui erano disposte delle pietanze tipiche: hummus, pane pita, olive e falafel. Preparò un piatto tremando leggermente, sapendo di non dover commettere nessun errore. Tornando verso di lei, si inginocchiò di nuovo e le porse il piatto. “Oh, no, no. Io non mangio da sola,” disse Yael con un sorriso freddo. “Tu mi imboccherai.” David rimase paralizzato per un attimo, poi prese un falafel e lo avvicinò alla sua bocca. Yael lo morse con calma, continuando a fissarlo mentre lo faceva, come se stesse testando la sua resistenza.
“Non è difficile, vedi? Basta mettersi al proprio posto,” disse tra un boccone e l’altro “anche tu devi mangiare qualcosa, ma lo farai direttamente dalla mia bocca.” Yael prese un altro boccone di falafel e iniziò a masticarlo lentamente, a bocca aperta, mostrando i denti bianchi e la lingua rosa. Il suono della sua masticazione era lento e deliberato, come se stesse assaporando non solo il cibo, ma anche il potere che aveva su David. Mentre masticava, Yael si chinò leggermente in avanti, inclinando la testa in modo che la sua bocca fosse vicina a quella di David. Con il boccone pieno, Yael disse di aprire la bocca al suo schiavo e ci sputò tutto dentro. Il falafel masticato e la saliva tiepida riempirono la bocca di David, che dovette ingoiare per non soffocare. Il sapore del cibo era stato completamente cancellato dalla presenza invadente della saliva di Yael, che sembrava avere un sapore acre e umido. David sentì la sua gola contrarsi mentre ingoiava, come se stesse cercando di espellere qualcosa di indesiderato.
In seguito la ragazza iniziò a preparare un grosso catarro in bocca. La sua lingua si muoveva lentamente, raccogliendo saliva e muco, e poi li mescolava insieme con un movimento circolare. Il suono della sua bocca che lavorava era quasi impercettibile, ma David lo sentì chiaramente, e il suo stomaco si contrasse in una smorfia di disgusto. L'espressione di Yael era di pura soddisfazione mentre esigeva che David aprisse la bocca per accogliere il suo gigantesco catarro. I suoi occhi azzurri brillavano di una luce fredda, come se stesse studiare la reazione del suo schiavo. La sua bocca, ancora semiaperta dopo aver preparato il catarro, sembrava una linea sottile e crudele, mentre la sua lingua si muoveva lentamente per raccogliere l'ultimo rimasuglio di saliva e muco. Yael sputò il catarro con una soddisfazione evidente. Il muco viscoso e trasparente colò lentamente dalla sua bocca, formando una striscia sottile e appiccicosa che sembrava vibrare nell'aria. Yael chiuse gli occhi, assaporando il momento, e poi li riaprì, fissando David con un'espressione di trionfo. Prese un respiro profondo, assaporando la sensazione di potere e controllo che aveva su di lui. Con un piccolo sorriso, preparò un altro boccone di cibo e, ancora una volta, lo diede a David, osservandolo mentre masticava e ingoiava con un misto di disgusto e sottomissione.
Mentre David finiva di mangiare, Yael si appoggiò al letto, senza mai staccare gli occhi dal suo viso. Prese un sorso d'acqua, facendola roteare in bocca prima di sputarla in un bicchiere lì vicino. "Bevi", disse con voce bassa e calma, come se stesse impartendo un ordine a un animale domestico. David esitò per un istante, poi si chinò in avanti e prese il bicchiere con sguardo insicuro. L'acqua era tiepida e aveva un sapore leggermente amaro, ovviamente dato dall’essere stato nella bocca della sua padrona. Bevve tutto d’un solo fiato e poggiò il bicchiere di fianco.
Yael si alzò lentamente dal letto, i suoi occhi ancora fissi su quelli di David, e si avvicinò al bicchiere che lui aveva appena posato. Si tirò giù i pantaloni, rivelando le mutande bianche e la pelle liscia delle cosce. La sua mano destra si mosse lentamente verso il bicchiere, mentre l'altra mano si appoggiava alla sedia per sostenerla. L’israeliana iniziò a urinare nel bicchiere. Il rumore del liquido che colpiva il bicchiere era forte nel silenzio della stanza, e David sentì un'ondata di nausea travolgerlo. Quando ebbe finito, si raddrizzò, tirandosi su i pantaloni. Prese il bicchiere con un piccolo sorriso e lo porse a David. “Bevi tutto o giuro che prendo una ciotola, ci faccio la merda dentro e te la faccio mangiare.” David esitò, sentendo la bile risalire in gola al pensiero di bere l'urina di Yael. La sua mano tremava mentre prendeva il bicchiere, e il liquido giallo chiaro sembrava danzare dentro, come se stesse prendendo in giro la sua riluttanza. Yael si avvicinò a lui, i suoi occhi azzurri brillanti di sadismo, e gli appoggiò la mano sulla nuca, spingendolo verso il bicchiere. "Bevi", sussurrò, la sua voce bassa e calma, ma carica di minaccia. L'urina aveva un odore forte e pungente, e lui poteva sentire il sapore metallico del bicchiere sulla lingua. Deglutì, il liquido gli bruciava la gola e gli faceva venire i conati di vomito.
“Sai una cosa? Forse puoi essere utile per qualcosa di più semplice,” disse, accennando un sorriso che sapeva di derisione. Ordinò a David di inginocchiarsi ai suoi piedi. Una volta che lo vide in posizione, spostò entrambi i piedi sopra la sua schiena, sfruttandola come un poggiapiedi improvvisato mentre si rilassava sulla sedia. “Inizia a sembrare che tu abbia trovato il tuo scopo, no?” aggiunse con ironia. L’uomo non rispose, chinando il capo per nascondere la vergogna. Yael lasciò scivolare una delle scarpe sulla base della schiena, sfregandola appena per rimuovere un po’ di polvere, come se fosse un tappeto. La sensazione del peso di Yael lo costringeva a rimanere in tensione, ma lei sembrava perfettamente comoda nella sua postura. Già dopo qualche minuto si era annoiata, decise quindi di passare a qualcosa di ancora peggio.
“Ora, distenditi sul pavimento. Ho bisogno di un tappeto.” Disse al suo servo guardandolo con disprezzo. David si stese a terra senza protestare, rimanendo nudo come un verme. I piedi di Yael si sollevarono lentamente dal pavimento, come se stessero per eseguire una danza macabra. Le dita dei suoi piedi si fletterono, mentre il tallone destro si alzava per primo, seguito dal sinistro. Il tallone destro della ragazza scese lentamente sui testicoli di David, che si contrassero in una smorfia di dolore. L’Israeliana iniziò a camminare avanti e indietro, i suoi piedi nudi che schiacciavano i testicoli di David con un ritmo lento e deliberato. I suoi occhi erano fissi su quelli di Yael, che lo guardava con un'espressione di sadismo puro. La sua bocca era leggermente aperta, come se stesse assaporando il dolore che infliggeva. Ogni passo di Yael era deliberato e lento, il suo peso si spostava da un piede all'altro mentre continuava a schiacciare i testicoli di David sotto le sue piante nude. Poteva vedere il dolore nei suoi occhi, ma non le importava. Ora aveva il controllo, e si sarebbe goduta ogni momento. Il respiro del sottomesso era affannoso mentre cercava di sopportare l'agonia. Poteva sentire ogni movimento dei piedi divini, ogni spostamento del suo peso mentre premeva i talloni sulla sua carne sensibile. Voleva urlare, supplicarla di fermarsi, ma sapeva che non sarebbe servito a nulla. Avrebbe solo prolungato la sua sofferenza se l'avesse fatto.
“Forse hai ancora una possibilità di dimostrarmi che servi a qualcosa,” concluse Yael, allontanandosi verso la porta. “Ma stasera ho finito con te. Puoi andare. Forse.” David non esitò e si affrettò ad uscire dalla stanza.
Yael stava ancora assaporando l’effetto della sua ultima azione quando una ragazza, con la quale aveva fatto amicizia, aprì d’urgenza la porta della stanza. “Yael, i ragazzi… i prigionieri palestinesi… i soldati… stanno abusando di loro,” balbettò, le parole incastrate dal panico.
Yael corrugò la fronte, sentendo un nodo al petto. “Di cosa parli?” chiese con voce tagliente, il tono basso e carico di tensione. “La squadra del caporale Ben Zvi. Hanno preso due ragazze tra quelle catturate negli scorsi giorni e che devono essere trasferite a Tel Aviv per il processo. Stavano parlando di... divertirsi con loro,” spiegò la ragazza, tremando. “Non ce l’ho fatta a restare lì a guardare…” Yael ignorava da troppo tempo i comportamenti dell’esercito israeliano, ora doveva fare qualcosa. “Dimmi dove,” ordinò, la mascella tesa e il corpo in fibrillazione per la rabbia. La ragazza la condusse in una delle tende laterali, dove Yael si trovò davanti a uno spettacolo nauseante. Due soldati israeliani stavano trattenendo una delle ragazze palestinesi, mentre altri giovani ridacchiavano e commentavano come spettatori passivi. Una delle ragazze era stesa a terra, i vestiti strappati in parte, il volto rigato di lacrime e di rabbia impotente. Yael riconobbe subito Layla, quella che lei stessa aveva salvato un giorno e poi riconsegnato al destino di prigionia.
“Fermi!” tuonò Yael, entrando nella stanza come una forza inarrestabile. Gli uomini si girarono di scatto, bloccandosi per la sorpresa. Ma uno di loro, visibilmente più arrogante degli altri, provò a ridere. “Yael, non è il tuo turno? Siamo in pieno spirito cameratesco!” Non ebbe il tempo di finire la frase. Yael lo colpì alle palle con un calcio secco tramite i suoi potenti stivali, abbastanza forte da farlo cadere a terra. Gli altri balzarono in piedi, ma il suo sguardo era talmente feroce che nessuno osò muoversi. “Avete perso la testa?” sibilò, la voce fredda come un rasoio. “Che razza di uomini siete?” Un soldato provò a fermare Yael ma lei con uno scatto fulmineo, mise la mano nelle sue mutande e dopo aver stretto nella propria mano i suoi testicoli iniziò a stringere, quasi infilzandoli con le unghie, per poi spingerlo contro il muro urlò “non siete diversi da Hamas ed Hezbollah, nessuno di voi”. Il silenzio pesava come una sentenza. Uno dopo l’altro, i giovani soldati abbassarono lo sguardo, rendendosi conto che Yael era furiosa e non avevano intenzione di rinunciare alla propria fertilità. Le due ragazze palestinesi erano scosse ma ancora consapevoli, mentre Yael chiamava rinforzi per farle trasferire lontano da quel luogo e dagli uomini che avrebbero potuto nuovamente attaccarle. Prima di uscire, lanciò uno sguardo tagliente ai soldati, che ora evitavano persino di incrociare il suo volto. “Se vi rivedo toccare uno di quei prigionieri, sarete voi quelli in catene. E non vi piacerà farmi utilizzare i vostri testicoli e la vostra lingua come lucida stivali.”
Quando Yael uscì dalla tenda, Layla, tenuta in piedi da una compagna, la fissava. I loro sguardi si incrociarono per un attimo, un'intesa silenziosa, prima che il contatto venisse spezzato. Proprio mentre si allontanava, un soldato le si avvicinò. “Soldato Yael, il generale Abramov vuole vederla nel suo ufficio. Subito.” Il cuore di Yael si serrò. Il suo intervento non sarebbe passato inosservato. Non solo tra i soldati, ma ai più alti ranghi del comando.
Capitolo 9
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