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Chapter 6 by heykiza heykiza

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Sapore d'amarena

Finalmente arrivò l'estate, l'estate dei miei diciassette anni fu forse una delle più belle visto che mi accaddero diverse cose tutte insieme. Come ti dicevo prima, con Riccardo avevo rotto ma lui continuava ad insistere di voler tornare con me, chiedendomi scusa e giurandomi che aveva smesso con quelle cazzate.

Io ero troppo arrabbiata e decisi di non perdonarlo, Anche con Matteo i rapporti erano rotti del tutto e quindi, ancora una volta mi ritrovai sola visto che gli amici del mio ex fidanzato smisero di calcolarmi dopo la mia decisione e anche a scuola la gente iniziò a perdere interesse per me, in poco tempo mi ritrovai come ai vecchi tempi, sola sul banco a disegnare le avventure di joky, avevo perso la mano di poco ma riprendendo a disegnare tornai ad essere brava e non solo, migliorai anche il mio stile e di quello fui molto soddisfatta.

Restai in contatto solo con Linda con la quale scambiavo due chiacchiere giusto negli intervalli ma niente di più.

Fui una delle poche persone ad andare a scuola con un gesso e non averlo tutto firmato, non che poi effettivamente me ne importava.

Fui promossa anche in quarta, l'anno prossimo avrei dovuto fare la maturità e a pensarci già alla fine dell'anno mi saliva l'ansia.

Ma ben presto, per un po di tempo quanto meno, mi sarei lasciata tutto alle spalle; Riccardo, scuola e tutto avrebbe avuto inizio da un traghetto. Faceva parecchio caldo, infatti indossavo una t-shirt gialla con degli short jeans e all star marroncine, avevo legato i miei capelli in una lunga coda di cavallo e con un ampio sorriso me ne stavo poggiata al parapetto della traghetto, Guardando il mare aperto tanto sconfinato da perdersi all'orizzonte, non c'era terra visibile e la cosa fu parecchio strana, in modo positivo però, mi piaceva stare in mezzo al mare.

Solitamente l'estate andavamo solo il fine settimana in spiaggia ogni tanto ma quella volta mio padre aveva preso le ferie combaciandole con quelle di mia madre e stavamo andando in Sardegna. Una provincia chiamata Costa Rei che a detta di mia madre aveva un mare bellissimo. La cosa che più mi incuriosiva era il fatto che una delle spiagge era titna di rosa, il che era davvero moltro strano e affascinante. Insomma non ero una di quelle ragazze che andava pazza per il rosa ma il sapere di una spiaggia di quel colore beh, mi lasciò senz'altro di stucco.

Conobbi due gemelli, non ricordo i loro nomi, ne tanto meno le loro facce ma erano parecchio simpatici nonostante avessero circa dodici anni.

Uno dei due mi riempì di domande, io gli rispondevo educatamente mentre l'altro cercava di non vomitare per il mal di mare, non riuscì e lo vidi spruzzare vomito a getto contro il legno del traghetto, non ricordo il suo volto ma il suo vomito anche troppo dettagliatamente ma non mi metterò a descrivertelo, tranquillo.

I Genitori dei gemelli diedero loro un chupa chupa all'amarena, chiedendo se anche io lo volessi e per quanto una delle prime regole era "non accettare caramelle dagli sconosciuti" non pensai affatto che mi sarebbe successo niente, infatti era soltanto molto buono. Ovviamente li ringraziai e restai coi gemelli tutta la durata del viaggio.

Il cielo era di un azzurro intenso, libero da qualsiasi nuvola, solo qualche scia lasciata in lontananza da degli aeroplani di linea.

Se guardavo in basso potevo vedere il fondale dell'acqua e la luce del sole danzare sulla superficie liquida, sembrava quasi scintillasse come una preziosa pietra. Mai davvero avevo visto uno spettacolo così bello e assisterlo, coi capelli che venivano sferzati dal vento, mi diede un senso li di libertà che poche volte provai sulla mia pelle.

Non stavo più pensando alla scuola, a Riccardo o Matteo ne tanto meno quelle teste di cazzo che avevo attorno. Ero solo io e la natura, quel mare bellissimo e quel cielo limpido.

Quando arrivammo finalmente al campeggio ci accolsero e presero i nostri documenti, eravamo carichi come buoi di borse e valige e camminando non vedevo l'ora di poterle poggiare e rilassarmi.

Mentre camminavo vidi qualcosa sfrecciarmi davanti la faccia, una macchia grigiastra che saettò e un rumore assordante alla mia destra mi fece saltare.

Abbassai lo sguardo e notai un pallone di cuoio che stava lentamente rotolando verso i miei piedi ma non fece in tempo a prendere parola che dei ragazzi mi parlarono sopra.

"hey, scusa! Potresti ridarci il pallone?" ridacchiai incredula e lo calciai ma il pallone andò alla loro sinistra, decisamente fuori mira.

" ragazzi, fate attenzione a dove tirate!" urlò burbero e indispettito mio padre, come sempre io invece feci spallucce e infilando le dita nelle tasche dei jeans mi strinsi sulle spalle, imbarazzata dal comportamento di mio padre.

"scusatelo, è semplicemente fatto così" aggiunsi salutandoli poi leggermente con la mano.

La casa... o meglio dire, il bungalow dove saremmo stati per quelle settimane, quanto meno era accogliente, era fatto quasi tutto in legno: dal parquet ai mobili. Un grosso monolocale con una terrazza e una roulotte nella quale vi erano due grossi letti matrimoniali. Ci era stato gi precedentemente detto che fosse sprovvista di bagno, ma in monti campeggi italiani accadeva, tanto vero che c'erano dei veri e comuni con sanitari docce e quant'altro.

Come entrai adocchiai immediatamente il divano a dondolo sulla veranda, sapendo già che sarebbe stato mio, per "mooolto" tempo.

"ok, disfate le vostre cose che poi andiamo in spiaggia" sentii mia madre dire mentre entrando nell'enorme roulotte mi guardai attorno, c'era il minimo ed indispensabile.

"ok, dammi un attimo" risposi iniziando già a mettere tutti i miei vestiti in un grosso armadio, praticamente impossessandomene.

Quando uscii avevo indossato un bikini anziché l'intimo e finalmente uscimmo.

Il primo giorno fu davvero uno spasso, era da tantissimo che non andavo al mare quindi immagina, arrivai alla sera che stavo morendo e nonostante la crema solare mi ero arrossata sulle spalle e viso.

Stavo con un game boy, te li ricordi? Io li adoravo e siccome non mi fu possibile portarmi dietro la play station ripiegavo su quello.

Sentii un tonfo sul parapetto della veranda e abbassando il game boy cercai di capire cosa fosse successo, vidi il viso di uno di quei ragazzi con gli altri tre poco più in dietro.

Quello più vicino aveva messo le mani sul parapetto e mi guardava, fu anche abbastanza inquietante, infatti sollevai un sopracciglio cercando di capire cosa volessero.

"emh... ciao?" domandi sollevandomi.

" ciao, sai, solitamente questa casa è di un nostro amico..." Disse e a quel punto non capii proprio dove volesse andare a parare.

Mi ritrovai a fare spallucce, si... lo facevo spesso.

"ook, e quindi?" domandai allungando le mie parole, la sua risposta mi lasciò parecchio stranita, più che altro il modo naturale con qui mi rispose.

"quindi pensavo che magari potresti unirti a noi, uscire un po, veniamo qui in vacanza da quando siamo piccoli, qui è divertente se sai dove andare" spiegò per poi allontanarsi facendomi cenno di venir fuori.

Non diedi subito risposta ma sollevai il viso lievemente chiamando mia madre.

"dimmi" disse ad alta voce da dentro.

"io esco un po ok?" domandai aspettando il verdetto del boss.

" mi raccomando non fare troppo tardi però ok?"

"ricevuto".

Quindi uscii con quei quattro che nemmeno conoscevo, ripetetti il mio nome a tutti e quattro stringendo loro la mano. Si chiamavano: Enrico, Thomas, Francesco e Pedro.

L'ultimo era quello con cui parlai, sembrava il più grande dei quattro mentre il più piccolo e anche il più cicciotto invece era Enrico.

Erano ragazzi decisamente diversi e sicuramente fuori da quel campeggio ognuno aveva stili di vita diversissimi. Capii subito che Enrico era la "mascotte" del gruppo" mentre quello che faceva sempre le battute era Francesco.

Thomas invece indossava una maglietta dei Nirvana che attirò maggiormente la mia attenzione, gli feci infatti i miei complimenti per il buon gusto e lui mi ringraziò ridacchiando.

Per finire, Pedro era Brasiliano e cliché dei cliché giocava a calcio, infatti nel pomeriggio sbagliando un palleggio fu proprio lui a rischiare di decapitarmi con una pallonata.

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